Così era l’inizio e così è per noi
Di Claudio “Sid” Brignole
AL 12 Autunno 1994
Stessa ora, stesso giorno, stesso posto. Dopo un anno mi incontro nuovamente con JAD e J-Ax per fare una chiacchierata sul loro nuovo disco e per vedere come se la passano. Ci troviamo un sabato pomeriggio d’autunno al Burghy, vicino al WAG a Milano. Dodici mesi sono tanti e le differenze si vedono subito. La gente li ferma per strada, gli chiede gli autografi, si fa fotografare con loro. Cazzo! questi ragazzi sono diventati famosi! Mi ricordo l’anno scorso quando mi dissero: “se con l’uscita del nostro LP non si muove nulla, in Italia non si farà più niente”.
Avevano ragione e fortunatamente in positivo. Nel nostro paese, in questo periodo, si inizia veramente a parlare seriamente di Hip Hop e il merito è in una maniera o nell’altra anche il loro a discapito delle tante chiacchiere e accuse di commercialità che gli piovono addosso da più parti. Prima dell’intervista mi piglio un Big Burghy, patatine e un thè. Con il mio fegato preoccupato per la massa di lavoro che dovrà svolgere, inizio a parlare con J-Ax e JAD tra un boccone e l’altro (le prime domande sono fatte con la bocca piena).
Perché l’album si intitola “Messa di Vespiri”?
J-AX: è un gioco di parole, vuol dire messaggio, divertimento e spiritualità.
JAD: Che è la base del rap, è quello che era all’inizio e quello che è per noi.
Che differenze ci sono con l’album precedente?
JAD: C’è un’evoluzione in tutto, sia nella parte musicale che nei testi, ci sono anche strumenti dal vivo.
Come è passato quest’anno che ci separa dal vostro primo disco?Vi sentite diversi?
JAD: Innanzitutto siamo maturati tantissimo, a livello di studio, d’artisti e nel rapporto con la gente. Ormai noi siamo un fenomeno e devi stare in contatto con la gente, cosa che magari prima disprezzavi, ma adesso hai i tuoi fans. E a noi non dispiace, perché noi insegniamo. Hai capito? C’è chi dice ma con “La lurida” e con “Tocca qui” cosa insegnano? Noi insegniamo lo stesso.
J-AX: I pezzi party che facciamo hanno aperto la porta a tutto il resto. Noi vogliamo esprimere tutti i nostri lati nella realizzazione di un LP e quindi anche quello goliardico.
Infatti, ascoltando Messa di Vespiri, ci sono tanti pezzi con sonorità e argomenti differenti tra loro.
J-AX: c’è il rock, il reggae, la salsa, l’R&B. Ci siamo voluti confrontare con tutti questi generi per vedere cosa riuscivamo a fare e a me sembra che il risultato sia positivo.
JAD: Come puoi vedere anche dalla copertina, noi vogliamo creare qualcosa di Italiano musicalmente. Io non voglio fare quello che fanno gli americani, anche se le radici sono quelle.
Ma però ho sentito che un po’ di tentazioni le hai avute…
JAD: Sì, ma perché a me piace sia la East che la West Coast e allora cerco di creare il mio stile, quello Italiano che è quello degli spaghetti.
J-AX: nella copertina non è che c’è dentro lo spirito nazionalistico, ma il concetto parte da quello che ci ha detto Doug E Fresh, ovvero che se lui cucina un piatto di spaghetti, gli vengono uno schifo, mentre se cucina un suo piatto tipico gli riesce bene. Stessa cosa vale per noi, al contrario.
Il fatto di fare pezzi molto diversi gli uni dagli altri non produce però l’effetto contrario, ovvero di non determinare uno stile proprio?
JAD: No, è bello per questo, perché ci sono molti gruppi che hanno fatto dischi così.
J-AX: Lo stile lo si definisce poi dalle liriche e dai contenuti. Le basi e i groove sotto cambiano e dovranno cambiare totalmente perché voglio raggiungere uno stile che uno dal primo beat, indipendentemente dal genere musicale, riconosca subito gli Articolo 31. A noi piacciono tutti i generi di rap, dal party all’hardcore. Infatti “Messa di Vespiri” significa che noi possiamo fare qualsiasi cosa, ma l’importante è che ci sia almeno una delle sue parti presente.
In Italia si tende a etichettare subito tutti e voi vi hanno affibbiato l’etichetta di gruppo party e goliardico. Vi ci ritrovate in queste definizioni?
J-AX: Noi ci presentiamo alla gente in modo parecchio goliardico. Noi siamo così. Non mi dà neanche fastidio. Certamente mi piace dire anche cose che non siano d’argomento party. Negli Stati Uniti ci sono gruppi come i Kid N Play e Fresh Prince che fanno solo party rap, ma c’è anche gente come i Naughty by Nature che fanno OPP e poi il resto tutto hardcore.
JAD: A noi sai chi piace in Italia? I Colle del Fomento.
J-AX: Perché sono un gruppo che se li ascolti il loro pezzo li identifichi subito e quando li ho conosciuti erano esattamente come scaturisce dalla canzone. Hanno saputo dare in un pezzo la loro identità.
JAD: Sono naturali come noi.
J-AX: Li distingui dai poser perché capisci subito chi lo è da chi non lo è.
Adesso la situazione in Italia come la vedete?
JAD: La vediamo buona anche a livello di dischi che escono.
J-AX: Pensa al disco dei Radical Staff che è prodotto in Italia e secondo me è a un livello stratosferico.
Come rapporti personali con gli altri gruppi, come va?
J-AX: Noi siamo tranquilli con tutti. Sappiamo benissimo che c’è gente che per invidia ci parla le spalle, però finché sarò quello che vende più dischi che si vedrà più in giro non mi verrà neanche per
malizia di odiare qualcuno. Siamo stati fortunati perché con quasi tutti i gruppi che sono emersi adesso ci si conosceva da prima e quindi ci si è da una mano gli uni con gli altri. Da parte nostra non c’è competizione.
JAD: Noi abbiamo lavorato già con Chief e ZaK, Zippo (l’ex rapper del comitato NDR), che ha fatto un pezzo con noi nelle LP e sta preparando un album in cui collaboreremo anche noi. Noi stiamo cercando dei gruppi validi da produrre. Mandateci dei demo, ma devono essere veri e validi. Capito?
Qual è il metodo migliore di promozione?
JAD: Sono le radio, puoi andare in televisione e noi abbiamo notato che le radio adesso iniziano a passare rap, hai capito? E per noi è una soddisfazione. Noi non diciamo di essere i creatori, noi abbiamo aperto le porte.
J-AX: Noi abbiamo aperto le porte al business, c’è molto più business quest’anno per tutti. Abbiamo messo in moto un treno e adesso ci deve salire un po’ di gente.
JAD: È quello che ti dicevo un anno e mezzo fa nell’altra intervista: se non andiamo noi non andrà nessuno.
Adesso il pericolo è che esiste una grossa fetta di pubblico interessato al rap ma che è un po’ sbandato da una parte o dall’altra, senza idee molto chiare.
J-AX: io preferisco quello che non capisce un cazzo e sa di non sapere niente ed è il ragazzino che compra i nostri dischi, è la massa dei nostri fans. Ma ho visto che quelli che l’anno scorso non capivano un cazzo, quest’anno capiscono già molto. Tutti noi abbiamo iniziato che non capivamo un cazzo. Tu entri e poi puoi prendere una cosa dall’Hip Hop, il ballo, i vestiti, i graffiti, poi da un certo punto in poi prendi tutta la cultura e allora sarà per sempre o te ne vai. E allora per chi ci sta per più di un tot vuol dire che l’ha capita.
JAD: Chi vuole fare rap deve aspettare, capire com’è il meccanismo. Deve fare quando si sente pronto.
Pensi che la gente inizia a capire la differenza tra rap e Hip Hop?
J-AX: Sì, quando è successo il casino con Celentano noi abbiamo fatto un disco per le radio in cui gli rispondevamo. Tutti i giornali hanno scritto “il gruppo Hip Hop risponde a Celentano”. Magari un anno fa avrebbero scritto “Le Posse”. Almeno si inizia a sapere che esiste una parola che si chiama Hip Hop.
Si parla anche tanto dei DJ, ma la figura del DJ Hip Hop in Italia praticamente non esiste. Vi potete contare sulle dita.
JAD: Siamo proprio pochi. Enzo, Skizo, Gruff, Zak e pochi altri.
Il DJ vero deve avere una cultura musicale alle spalle, specialmente di quella nera. Poi, screcciare non deve essere fare casino, ma trovare sonorità che ti permettano di produrre suoni come se suonasse uno strumento tradizionale.
Sull’uso dei campionamenti, tu come ti muovi?
JAD: I campioni bisogna usarli da furbo. Devi metterli al punto giusto, al momento giusto. Magari metti anche il campione famosissimo che t’incurano, ma se lo infili nel punto giusto non se ne accorge nessuno. Noi non abbiamo dichiarato nessun campione, ma li ho usati nel modo giusto, in maniera tale che non li riconosca nessuno.
Hai fatto tutto quello che volevi fare?
JAD: Io i miei sogni li ho realizzati. Io sono sulla scena dai primi anni 80. Ballavo breakdance. Il mio sogno era di salire su un palco e suonare davanti a tanta gente. E ci sono arrivato. Volevo che mi dedicassero un graffito e me lo hanno dedicato. Il mio sogno era tutto quello che mi sta succedendo nell’Hip Hop. Io vedevo all’epoca film tipo Wild Style, Beat Street e mi immedisimavo. Ora sta succedendo anche a me, ci sono arrivato. Ora voglio produrre nuovi gruppi, andare avanti.
J-AX: Diventare un fenomeno che vende centinaia di migliaia di coppie, una realtà con cui fare sempre i conti, che non sia un fuoco fatuo e lo si vedrà adesso.