Di Beat 1
AL 32 Dicembre 1998 – Gennaio 1999
Storm è uno dei ballerini di breaking più conosciuti al mondo. La sua potenza ed il suo stile hanno portato molti a considerarlo il “b-boy più forte in assoluto” dal punto di vista delle rotazioni. Osservarlo danzare infatti, significa rimanere letteralmente a bocca aperta per la fluidità con la quale riesce ad agganciare powermove estremamente complesse. In un periodo nel quale si diceva che il breaking era arrivato ad un punto morto nelle sue potenzialità di sfidare le leggi della gravità, il grande merito di questo breaker berlinese è stato di riuscire a dimostrare che le possibilità creative di questa danza sono illimitate.
-Parlaci degli inizi della tua carriera e spiega ai lettori di AL Mag. perché hai scelto il nome d’arte Storm (tempesta, ndr).
“Ho cominciato a ballare nel 1983. Facevo electric boogaloo, non ballavo ancora a terra, anche se non posso dire che stessi facendo del vero boogaloo. Per lo meno ci provavo! Come molti altri guardavo solo quello che i media trasmettevano in Germania, gente come New York City Breakers, Magnificent Force, Rock Steady Crew, il film Breakin’1. Immagino vi possiate immaginare com’era il mio stile al tempo: cercavo di imitare quello che facevano nei video! Poi l’attenzione dei mass media cominciò a svanire. Comunque non mollai e continuai ad allenarmi nel tentativo di crearmi uno stile personale. Un giorno ebbi la possibilità di recarmi a New York e di incontrare i ballerini che mi avevano ispirato. Ed è stato proprio in America che ricevetti il soprannome Storm. Più precisamente furono Quikstep (membro della crew newyorkese Full Circle, ndr) e Mr. Wiggles (Rock Steady Crew) a darmi il nome, in occasione di una sfida che mi capitò di sostenere. Eravamo in un club e, mentre stavo ballando, un housedancer entrò nel cerchio con fare arrogante. Quando mi alzai, in risposta gli feci una combinazione –mi pare flare-windmill-testa– e lo ‘schiacciai’. Una volta finita la sfida, Quikstep e Mr. Wiggles mi dissero ‘Ehi, gli sei piombato addosso come una tempesta!’. Da quel giorno tutti cominciarono a chiamarmi così. Non si ricordavano il mio nome e dicevano ‘ehi, dove è finito tempesta?’ oppure ‘cosa fa tempesta questa sera?’. Quindi non è che mi sia scelto il nome, mi è stato dato e mi piace.”
-Hai raggiunto un livello di rotazioni che a mio avviso non ha precedenti. Quante ore dedichi all’allenamento?
“Non ho mai ballato seriamente prima di aver finito la scuola. Generalmente mi allenavo minimo 2 ore al giorno. A volte erano 6, a volte non mi allenavo per giorni oppure solo per mezz’ora. Sai, spesso è inutile continuare a ballare se non hai la giornata giusta. Poi, secondo me, è molto più mentale di quanto si creda. Ci si allena molto di più mentalmente, visualizzando i movimenti ad esempio. Dal punto di vista del fisico, non è che si possa continuare troppo a lungo quando si balla breaking. E’ estenuante! Popping e locking sono molto diversi. A volte mi alleno facendo popping o locking mentre mia moglie ed io facciamo spese al supermercato. A volte si irrita e mi dice ‘non puoi fermarti un secondo almeno qui?!’.”
-Sei un ballerino professionista. Com’è la tua vita lavorativa? Come concili la famiglia con questa attività che ti vede spesso lontano da casa?
“Non mi sarebbe possibile lavorare in altra maniera. E’ la mia vita. Lo faccio 24 ore al giorno. Mia moglie è proprio ‘esausta’ e mi rimprovera di non pensare ad altro. Quando vado in un posto che magari non ha nessuna attinenza con il breaking, cerco di trarre ispirazione da qualsiasi cosa che vedo. Poi cerco di tradurre quei dettagli in una coreografia o in un passo. In generale faccio spettacoli, ballo nei videoclip, per strada, in teatro, nei club, alle jam. Naturalmente ci sono degli eventi nei quali sei pagato per esibirti ed altri invece dove balli gratuitamente.”
-Mi sembra il minimo. Altrimenti tutto si limita ad una questione di soldi.
“Esatto.”
-Ma non pensi che i b-boys qualche volta debbano dire di no, altrimenti non vengono presi sul serio e pagati per una danza che a livello spettacolare fa intascare dei soldi agli organizzatori di eventi?
“Sono d’accordo. Personalmente ho imparato ad essere professionale anche dal punto di vista dei compensi. Ballo per una certa cifra e non mi esibisco per gente che non rispetta quello che faccio cercando di prendermi in giro. Piuttosto ballo in strada per piacere personale. Ma ci sono casi e casi. Inoltre credo che quello che veramente ripaga il breaker dei suoi sforzi, non è il denaro: è la reputazione. Inoltre credo che puoi essere il ballerino più incredibile, ma se sei uno str*n*o, nessuno ti ingaggerà.”
-Restando in tema b-boying ed ingaggi, come sai è stato sollevato un vespaio di polemiche dopo l’uscita del video dei Run DMC che vede alcuni breaker sfidarsi su dei ritmi estranei all’Hip Hop. Ritieni, come queste persone, che il fatto danneggi la danza, oppure che le loro critiche siano riconducibili all’invidia?
“Non credo si debba necessariamente criticare questo comportamento, specialmente quando i breaker sono giovani e muoiono dalla voglia di farsi delle esperienze, andare in tv ed avere la possibilità di essere visti da milioni di persone. Se sei ‘anziano’ come me, magari eviti dei lavori che, in base alla tua maturità, non consideri così importanti. Tutte le critiche che si sono scatenate dopo il video dei Run DMC lasciano il tempo che trovano. Penso che quel video sia molto bello e che abbia aiutato il breaking. Lo ha come riportato sulla scena. Sicuramente sulla musica sbagliata, ma se un ragazzo si appassiona poi si accorgerà che quegli stessi b-boys non ballano sui quei ritmi.”
-E se un artista proveniente da un’altra cultura ti proponesse di ballare nel suo clip o di fare delle serate per lui, accetteresti?
“Dipende. Attualmente ho ingaggi a sufficienza, forse anche troppi. Ma se non ne avessi abbastanza, piuttosto di andare a lavorare in fabbrica e spaccarmi la schiena 8 ore al giorno, penso che accetterei. Io non critico quei breaker, d’altra parte so che bisognerebbe cercare di educare i giovani spiegando loro anche qual è la musica giusta. E’ una situazione delicata, ma io non sono qui per giudicare nessuno.”
-Insegni?
“Si insegno molto. Praticamente ogni giorno. Cioè quando mi alleno, do consigli a tutti quelli che mi sono intorno.”
-Riesci ad insegnare loro cosa vuol dire essere un b-boy?
“Puoi spiegare soltanto le tecniche e dare consigli su come migliorare il loro portamento ed aumentare il loro carisma quando ballano. Quello che non puoi spiegare è come metterci il cuore.”
-A proposito di carisma, che significato assume questa parola nel b-boying?
“Si esprime nel portamento di un ballerino. Alcuni breaker ballano con la testa bassa oppure non tengono in considerazione il pubblico, che dal punto di vista professionale non è ovviamente accettabile. Il carisma si manifesta nel modo di entrare in pista, nell’esecuzione delle sequenze e persino nel modo di uscire dal cerchio. Molti b-boys non ne hanno, ciò nonostante non è che sia da condannare, è solo che magari non si sentono a loro agio in determinati contesti.”
-Ho notato che i tuoi passi sono molto curati ed originali. Sebbene non conformi allo stile in voga ora (airtrack, ponti ecc.), li ho trovati estremamente puliti e personali, fatto che implica certamente che ci dedichi molto tempo. Come suddividi un allenamento tra passi, rotazioni e popping?
“Non mi organizzo nel vero senso della parola. Ballo e basta. Posso dirti che dedico buona parte del mio allenamento ai passi.”
-Infatti non è vero che Storm fa solo powermove e che a passi non è poi così bravo…
“È strano che tu lo dica e mi fa piacere, perché molta gente crede che io faccia solo rotazioni, ma non è vero. Amo i passi e credo che non farli limiti un breaker enormemente. Mi piace sperimentare nuovi passi come pure ballare popping e locking. Questo fatto mi ha aiutato anche in un momento difficile della mia vita. C’è stato infatti un periodo che non riuscivo neanche più ad allenarmi per il dolore, dato che mi ero fatto male al collo girando sulla testa. Avevo rischiato quasi di rimanerci e purtroppo ancora oggi non riesco più a ballare come una volta. La prima cosa che mi dissi fu ‘è finita! Non ballerò mai più!’. Poi cominciai a migliorare e ripresi poco alla volta a fare soltanto popping e passi. Il solo fatto di continuare a ballare e non dovermi fermare del tutto, mi ha aiutato anche psicologicamente. Sarei potuto impazzire.”
-Credi che i diversi stili –popping, locking, electric boogaloo, breaking– possano essere combinati?
“Sì, gli stili si possono fondere. Ad esempio, mi piace combinare i passi con il locking o il popping con le rotazioni. Se si ha un po’ di fantasia, può nascere uno stile completamente nuovo.”
-Non pensi ci sia un fattore trascurato nell’esecuzione delle rotazioni, vale a dire il ritmo?
“Questo è il punto. Per me puoi fare anche solo powermove ma se non le fai a tempo, non ci sei del tutto. Chi ha detto che solo i passi vanno fatti a tempo? Anche una rotazione deve essere a tempo! Inoltre si possono rendere stilose le proprie rotazioni. Si può ad esempio personalizzare il flare (pensate al movimento ginnico sul cavallo a maniglie, ndr). Puoi renderlo aggressivo, dolce, leggero o sporco, e fare gridare la gente ‘ehi, come hai fatto a farlo così?’.”
-Credi che passi e rotazioni siano due mondi a parte? Oppure c’è una relazione tra di loro?
“La relazione è fortissima. Il windmill è forse la mossa più famosa ed è nata dal footwork. Inizialmente si partiva dai passi e si faceva una mezza rotazione sulle spalle e la testa, era come un freeze. Poi si cominciò a ripetere questa spinta iniziale fino a quando il movimento non divenne continuo trasformando un footwork in una powermove. Non puoi veramente separarli, fanno parte della stessa famiglia.”
-Cosa ne pensi del fatto che le airtrack (stop in aria, ponti, freeze sui gomiti, ndr) siano così di moda al momento?
“Penso che molta gente stia copiando gli Style Elements. Ci sono in giro tante videocassette e la gente li imita nel loro stile di power-footwork. Ora è di moda, magari fra un anno sarà sorpassato ed i breaker preferiranno un altro stile completamente diverso. Ultimamente ho visto ballare Spyder dei Dynamic Breakers ed i b-boys ne erano impressionati. Credevano in molti che quelle mosse fossero nuove. In realtà risalgono all’84, ma non hanno mai perso la carica che avevano.”
-Una domanda che ti avranno rivolto milioni di volte: cosa è necessario per essere un buon breaker?
“Cuore! Cuore e ritmo.”
-Non servono altre parole, sei stato chiarissimo.
“I muscoli e la potenza verranno da sé ballando. Il cuore no.”
-Una domanda personale: cosa è accaduto al tuo gruppo Battle Squad (la crew comprendeva oltre a Storm: Speedy, Emilio e Swift, ndr)?
“Esiste ancora. Speedy, mio fratello, vive adesso a Francoforte, è sposato e ha dei bambini. Non ci vediamo molto spesso, del resto vive a 500 km da Berlino. Swift vive vicino ad Amburgo, vale a dire 300 km dalla mia città, quindi non è facile incontrarsi di frequente. Ciò nonostante la crew esiste ancora.”
-Come mai Emilio non fa più parte della squadra?
“Non so cosa dirti. Penso sia troppo personale per parlarne qui davanti ad un microfono. L’unica cosa che posso dirti è che mi manca, mi manca moltissimo.”
-Hai un’esperienza che molti b-boys non possono vantare. Hai ballato in tutto il mondo, hai conosciuto i b-boys originari, hai avuto la possibilità di apprendere direttamente dai creatori dell’Hip Hop molte nozioni che risultano spesso estranee alla maggior parte dei ballerini. Diversamente da te, il b-boy medio non ha l’occasione di confrontarsi con chi ha creato l’Hip Hop e resta conseguentemente in una sorta di ignoranza. La domanda è: cerchi di trasmettere ‘gratuitamente’ ciò che hai imparato, oppure lasci che i ragazzi si informino e si diano da fare in modo autonomo?
“Ho avuto la fortuna di viaggiare in tutto il mondo. Molti ragazzi non hanno questa possibilità, spesso dal punto di vista economico. Se io so il nome corretto di un movimento, lo insegno, anche quando non mi viene chiesto. Diciamo che quando si parla, correggo i b-boys che usano termini sbagliati. Naturalmente devi sapere di cosa stai parlando, altrimenti diffondi l’ignoranza. Comunque credo che se si ama davvero questa danza, ci si interessa in modo naturale ad essa. Si cercano articoli, libri, si parla con gli ‘architetti’ o semplicemente con i b-boys che hanno molta più esperienza e che vanno quindi rispettati ed ascoltati. L’ideale sarebbe avere la possibilità di viaggiare e quindi porre le domande giuste ai fondatori sviluppando una conoscenza che nasce anche solo dal confronto con essi.”
-Si sente dire in giro che la tua città natale, Berlino, sia estremamente violenta e che sia molto probabile che ad una jam ci siano risse se non di peggio. E’ vero?
“Viaggio molto ed è un bel pezzo che non vado ad una jam in Germania dato che sono molto impegnato con i miei spettacoli. Comunque Berlino è sicuramente la città più violenta del nostro Paese, ma non è del resto così diversa da Parigi o Londra o New York in termini di violenza. Spesso i berlinesi vogliono assomigliare ai gangster. Non so darti una spiegazione, è così. Infatti alle jam c’è sempre bisogno di molta security purtroppo.”
-Sei sposato, non hai un impiego da 8 ore al giorno, hai 29 anni e ti dovrai fermare presto o tardi. Come vedi il tuo futuro? Cosa farai? Ti cercherai un lavoro come gli altri?
“Ballo da 15 anni e sono un ballerino professionista. Esibendomi mi sono fatto moltissimi agganci con agenzie ecc. Rimarrò certamente nella scena in qualche maniera, magari organizzando eventi o gestendo l’organizzazione di spettacoli. Per il momento non mi pongo il problema anche se fra poco compirò 30 anni. C’è sempre una possibilità di fare i soldi. Se hai idee e capacità e credi in te stesso, i soldi arrivano in qualche modo. Questo non funziona in termini di Hip Hop in tutto il mondo, perché certe scene sono ancora piccole. In Europa invece le cose sono diverse. Il panorama Hip Hop cresce ogni giorno di più e c’è quindi una probabilità maggiore di lavorare nel settore.”
-So che al momento fai molte serate in teatri, club, discoteche tedesche ed europee. Parlaci di questa esperienza.
“Si tratta di un vero e proprio tour chiamato Storm and Jazzy Project. Di solito ci esibiamo in teatri, ma anche in discoteche o nelle piazze. Si tratta di uno show di 20 minuti che comprende varie coreografie di popping, locking e b-boying.”
-Tra gli spettatori ci sono soltanto b-boys o anche gente estranea all’Hip Hop?
“Soprattutto gente normale, anche se c’è la presenza di molti b-boys. Di solito si tratta di persone incuriosite che amano la danza in generale.”
-Ti ho osservato nel cerchio ed ho notato che sei molto disponibile con tutti i b-boys che siano forti o alle prime armi. Diversamente da te certi ballerini non degnano neanche di uno sguardo quelli che non sono sufficientemente bravi e preparati. Cosa ne pensi di questo atteggiamento?
“Penso che questa gente abbia dei grossi problemi. Anche loro sono stati dei principianti, lo siamo stati tutti.”
-Hai fatto un tour in Italia per una nota bevanda. Come era organizzato lo spettacolo?
“È stato qualche anno fa. Sono stato in Italia per 2 settimane. Facevo 2 spettacoli al giorno di 5 minuti ciascuno. Guadagnavo molto bene. È stata una bella esperienza e nel tempo libero ho avuto anche l’occasione di conoscere dei b-boys italiani e di allenarmi con loro, anche se delle volte è stato difficile capirci perché parlavamo solo in inglese.”
-Ed il tuo inglese è estremamente pulito, penso che anche questo ti abbia aiutato nella tua carriera. Parli meglio inglese tu di molti laureati in lingue che conosco.
“Ti ringrazio. E’ vero, anche questo mi ha aiutato, anche se ho imparato di più viaggiando che nei libri. Comunque, la lingua che mi ha permesso di comunicare anche quando il mio inglese era scadente, è stata il linguaggio del ballo.”