Di Beat 1
AL 40 Ottobre 1999
Ci sono dei personaggi che hanno fatto la storia dell’Hip Hop: dj come Kool Herc, mc come Rakim, writer come Phase 2 e ballerini come Don Campbell Lock. Quest’ultimo nome dovrebbe far intuire che si tratta di un locker, ma non uno qualsiasi, bensì il creatore del locking. Cos’è il locking?
Per rendere l’idea di cosa sia questo stile invito a visionare i film “Breakin’ 1 e 2”, nei quali i due protagonisti, Ozone e Turbo, compiono spesso quei movimenti rotatori delle braccia e dei polsi che fanno parte del largo repertorio di questa danza. E’ per me un onore dare l’opportunità ai lettori di AL di conoscere un ballerino che ha contribuito non solo allo sviluppo, ma anche alla nascita della nostra cultura.
-Cominciamo con le domande di rito: come ti sei avvicinato al ballo?
“E’ una lunga storia. Inizialmente non ero neanche un ballerino perché facevo l’artista (pittore, ndr). E probabilmente sono più bravo come artista che come ballerino.”
-Non ho mai visto i tuoi quadri, ma se sono incredibili come il tuo stile di danza saresti il Picasso del locking.
“Affatto. Faccio soltanto del mio meglio. Sei troppo gentile.”
-E tu troppo modesto. Ci sono breaker che se la menano all’infinito per aver fatto un decimo di quello che hai realizzato.
“Problemi loro. Tornando alla mia storia, quando frequentavo l’università, andavo sempre in un caffé che era il luogo di ritrovo dopo le lezioni.
Nel bar c’era un juke-box ed in quel periodo era di moda un ballo, il funky chicken, in parole povere una specie di imitazione danzata di una gallina. Vicino al juke-box c’erano spesso due ragazzi che facevano questo ballo. Erano quei tipi di ragazzi spigliati, che ballavano dalla mattina alla sera e che facevano colpo sulle ragazze. Mentre io… ero troppo timido per avvicinarmi ad una ragazza. Sedendomi accanto a loro, piano piano diventammo amici e li presi un po’ come i miei idoli. Andavamo sempre in giro insieme, ma quando si andava a ballare, stavo fermo perché non ero capace. Volli provare lo stesso e uno dei due, Sam, cominciò ad insegnarmi in privato.”
-Ma loro non facevano locking?
“No, loro cercavano di insegnarmi il loro stile, ma non era per niente facile. Così provavo e provavo ed un giorno sbagliando un movimento delle braccia ne uscì una rotazione strana del polso, come a descrivere un ricciolo in aria. Questo ‘spin’ fece letteralmente impazzire Sam.
Continuava a dire entusiasta: ‘do that lock! Do that lock! (fai quel ricciolo!) E’ troppo bello!’ (Da qui è derivato il mio nome Don Campbell Lock). Insomma, io continuavo a ruotare i polsi mentre gli altri ridevano, allora comincia battere le mani ed a saltare sul posto continuando a fare questi movimenti rotatori. Non importa se era sbagliato rispetto all’insegnamento che mi avevano impartito, per me era giusto, era mio.”
(Mentre me lo racconta, Campbell si emoziona, gli si illuminano gli occhi, si alza e comincia a ballare reinscenando quel momento. E’ una persona incredibile e mi trasmette tutta la sua positività).
-Quando hai mostrato il tuo nuovo stile in pubblico?
“Non subito. Ero convinto che se avessi partecipato ad un contest, io sarei stato il primo ad essere eliminato. Fatto sta che un giorno ho accompagnato i miei amici ad una gara nella parte bassa di Los Angeles in veste di spettatore. Era un bellissimo locale a due piani. Ovviamente per timidezza mi rifugiai al piano superiore per osservare il tutto da sopra, mentre gli altri parlavano con delle tipe. Al contest c’erano 15 coppie però il partner di una ragazza non si era presentato. Allora Sam mi disse di venire giù e di ballare con lei, ma puoi immaginare come l’ho presa! Agitatissimo gli dissi: ‘No! Rovinerei tutto! E’ meglio di no, credimi!’ Alla fine mi costrinsero.”
-E hai vinto?
“No! Arrivai quinto! Ma credimi: quella per me fu una grande vittoria! La mia prima gara, quinto su quindici coppie. Yeah! Dopo quell’esperienza i miei amici mi chiesero di seguirli durante i contest e con la pratica continuavo a migliorare inserendo anche il mio locking. Mi rendevo conto che se volevo qualcosa, ce la potevo fare e questo mi cambiò la vita. Vedi, per me, non si inventa una danza, si diventa una danza. Io ero la mia danza e la mia danza rappresentava le mie capacità e la mia volontà di ottenere qualsiasi cosa che davvero desiderassi.”
-In un certo senso lo stile che hai inventato rappresenta una ribellione alle regole della danza.
“Esattamente! Ho preso spunto dagli errori per elaborare nuovi passi giungendo così un cambiamento. Questa è sicuramente una forma di ‘ribellione’ che nasce dal voler essere autodidatti. E’ qui la differenza tra i ballerini di strada e quelli che vanno a scuola. I primi seguono soltanto le istruzioni, mentre i ballerini di strada fanno le proprio regole.”
-Cosa significa sapere che sarai ricordato come l’inventore di uno stile che si espanso in tutto il mondo?
“Tutti vogliamo ottenere qualcosa. Per molta gente l’obiettivo più importante è il denaro. Ehi, non fraintendermi, anch’io vorrei essere ricco!
Fatto sta che per me essere ricordato da così tanta gente mi rende ricchissimo dentro!”
-Non credi di essere fortunato visto che raramente una danza porta il nome del suo creatore?
“Tantissimo. Chi ha inventato il breaking, chi ha creato il funky chicken e così altri migliaia di stili? Nessuno lo sa. Sono stato molto fortunato in questo senso ed è una grande soddisfazione. Ringrazio Dio per questo!”
-Hai parlato di ribellione alle regole e di ricerca personale.
E se dovessi dare delle indicazioni ad un principiante o insegnare?
“Non insegno, però se me lo chiedi te lo mostro. Non riesco a dire ad un aspirante ballerino che un movimento è sbagliato se non lo fa come me. Anzi, sono felice se riesce a dare sfogo alla sua creatività personalizzando. Questo vale anche nel look. Per dirti, ho anche inventato quello stile di abbigliamento con le calze lunghe bicolore (vedi foto) e la bombetta.
La gente mi diceva che ero strano, ma io volevo interpretare la mia danza anche con il mio modo di apparire. Quindi ai ragazzi voglio dire che non importa come vi vestiate o balliate, cercate sempre di essere originali.”
-Cosa vuoi suggerire ai lettori di AL che vogliono imparare a ballare? “Non abbiate regole! La cosa importante è il ritmo. La danza viene dall’anima. Con quest’ottica si creeranno sempre nuove danze e stili, altrimenti saremo sempre degli esecutori.”
-Ma spesso chi sperimenta viene criticato dalla massa?
“Posso dirti che quando ho introdotto questo stile, la gente diceva che ero strano. Ero lo strano in mezzo ai ballerini normali. Facevo ridere, ma ora non ridono più. Credo nel mio piccolo di essere la prova tangibile che qualcosa può nascere dal nulla e che gli ‘strani’ di questo mondo possono diventare qualcuno. Non lasciate che nessuno vi limiti, potete ottenere quello che desiderate!”
-So che hai dei figli. Ti sei mai aspettato o hai mai preteso che loro portassero avanti la disciplina che tu hai inventato?
“Ho 3 figli. Soltanto uno di loro è diventato un locker. Gli altri due hanno fatto la loro scelta, non li ho assolutamente forzati o influenzati.
Del resto se obbligassi qualcuno a seguire il mio cammino contraddirei la filosofia di vita libera che mi ha portato a diventare un ballerino.”
-Una domanda che non è mai scontata: cosa vuol dire ballare per te? “Per me ballare è felicità e quando danzo voglio trasmettere il mio senso di benessere anche agli altri. Credo sia una forma di altruismo e amore non solo per se stessi.”